Dal 1967 Rezzuti lavora a dei progetti da lui denominati “i non realizzati”, che per la loro ipotetica collocazione, vengono immaginati e realizzati in forma virtuale. Tali progetti nascono parallelamente all’attività ufficiale, conosciuta e pubblica dell’artista.
I non realizzati sono lavori dunque particolari che vanno considerati come una sorta di osservatorio privilegiato di ciò che non è stato, ma potrebbe essere.
Nel 2005 Rezzuti, coinvolgendo anche gli artisti Scolavino e De Filippis nel suo progetto originario, organizza con la Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Napoli e Provincia, in collaborazione con il Comune di Napoli e con il contributo e il patrocinio della Regione Campania, la mostra IM-POSSIBILI tenutasi nella Chiesa di Santa Maria Incoronata.
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Ou tópos Bernardina Moriconi
Napoli città magmatica, sulfurea, tellurica, spesso drammatica, ferita a morte eppure viva e vitale, orgogliosa di un passato che non sa tutelare e proiettata verso un futuro incerto eppure stimolante.
Di tutto questo l'arte può fungere da emblematica cartina di tornasole in forza del rapporto sempre più stretto, simbiotico, osmotico, a volte controverso, spesso produttivo che essa è riuscita ad instaurare con la città in questo ultimo decennio.
Installazioni effimere o durature - a volte anche discutibili e discusse - attestano un fervore di operatività e creatività tra gli artisti made in Naples (e non solo).
Gli spazi urbani si trasformano, si dilatano acquistando nuovi impensabili volumi e inusitate luminosità grazie agli svariati interventi artistici attuati.
La città-cantiere del dopoterremoto (che pure in arte produceva "Terrae-motus") diventa città-atelier (o bottega d'arte, se preferite) così che l'arte stessa esca dai suoi tradizionali - e spesso negletti - luoghi deputati (gallerie, accademie, musei) per mostrare e mostrarsi, magari combinandosi con opere d'arte preesistenti, o, piuttosto, adattandosi quasi a definire e a completare ciò che la natura o l'uomo avevano già tracciato in precedenza.
Così le opere im-possibli di Carmine Rezzuti si definiscono come rilettura fantastica e virtuale di alcuni signficativi spazi urbani. Se le foto iperrealistiche di Jim e Lisa Fiscus tendono a presentare immagini con effetto di "realtà aumentata" sebbene in modo del tutto artificiale, con le realizzazioni fotografiche di Rezzuti il dato realistico è volutamente superato in un proposito semmai di straniamento e di spiazzamento che l'elaborazione artistica dovrà suscitare in chi la osserva. La chiave di lettura da privilegiare avvicinandosi a queste opere sembra essere perciò quella fiabesca o mitica, tanto per alcune immagini di personaggi irreali e orrorifici ideati da Rezzuti (coccodrilli, pescecani, scimmioni antropomorfi…), quanto per l'intensità cromatica utilizzata, che realizza un significativo contrasto con lo sfondo giocato sui toni color seppia che rievocano i dagherrotipi del tempo che fu (quello, appunto, indefinito delle fiabe).
E però, a guardare bene, l'aspetto ludico - giocoso e scherzoso - di queste opere (raggiunto anche mediante il ricorso a figure di solidi geometrici che sembrano ricordare alcuni semplici giochi di bimbi) si carica a tratti di una qualche valenza satirica e polemica quando le figure mostruose si stagliano su sfondi monumentali, che evocano i luoghi emblematici del potere dispotico e assoluto. Luoghi che, grazie a questa rilettura fantastica operata dall'artista diventano "IM-POSSIBILI", cioè inventati e quindi inesistenti, eppure auspicabili proprio come l'utopia che etimologicamente definisce il "non luogo".
E se è così, non si carica di suggestive allusioni la figura del nero, spaventevole e iperdentato mamozio sovrapposto all'immagine di Castel dell'Ovo nelle cui prigioni fu rinchiuso quel Tommaso Campanella che la sua splendida utopia raccontò nella "Città del sole" ?
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