Biennale di Venezia 1976 versione stampabile  
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Non c'e' attivita' umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si puo' separare l'"homo faber" dall'"homo sapiens". Ogni uomo infine, all'infuori della sua professione esplica una qualche attivita' intellettuale, e cioe' un "filosofo" un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioe' a suscitare nuovi modi di pensare.

Antonio Gramsci

 
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A / SOCIAL GROUP B'76 AMBIENTE COME SOCIALE

Un'esperienza nell'Ospedale psichiatrico "Frullone" di Napoli
Gerardo Di Fiore, Aulo Pedicini, Gerardo Pedicini, Carmine Rezzuti, Errico Ruotolo

Dichiarazione d'esistenza interventi dell'A / SOCIAL GROUP NAPOLI all'Ospedale Psichiatrico "Frullone"

      Sintetizzare il nostro intervento all'O.P. Frullone, un intervento ancora in atto, implica un percorso - mappa dell'esperienza e la puntualizzazione su una serie infinita di aspetti che l'hanno caratterizzato. Cio' significherebbe di fatto considerare l'esperienza conclusa o in via di definizione mentre, di contro, la caratteristica peculiare e specifica dell'intervento continua e, giorno dopd giorno, s'imbatte in continue modicazionl mentali e cresce, non piu' su di un'ipotesi ma per ruoli aggreganti su un versante ampio e composito. Inoltre porre isolatamente un bilancio significherebbe escludere il ruolo dell'equipe del "Frullone" o considerano ai margini della nostra operazione: il che non e'. L'equipe e' una componente del nostro intervento, in quanto nei suoi confronti c'e' un rapporto aperto e dinamico e Il ruolo e lo a'pecifico del nostro intervento si salda al ruolo e allo specifico del loro. Naturalmente occorre subito dichiarare che cio' significa ipotizzare una nuova dimensione del concetto di cultura; che, in sintesi, traduciamo come lavoro-di base nel territorio, il territorio cioe' diviene uno schema.reale per un'analisi dei meccanismi escludentl e per un'ipotesi di direzione di lavoro che unifichi e sviluppi forze e determinanti diverse.
      Prefigurare un'immagine nuova della societa'. Questa ipotesi di lavoro ci ha portato a confrontare continuamente la nostra esperienza.con i dati della realta'. Continui dibattiti in scuole, in comitati di quartiere, in organizzazioni democratiche hanno evidenziato e sottolineato la direzione complessiva del lavoro con sostegno, allargando a macchia d'olio i problemi. Certo sono stati solo dei momenti esemplificativi; momenti cioe' portatori di una sollecitazione, d'un dubbio, ma gia' carichi di un ventaglio problematico cosi' vasto che e' stato difficile raccoglierlo per intero.
      Tutto cio' ci fa considerare questo nostro primo tetto informativo, limitativo. L'informazione che diamo non vuole essere che un momento oggettivamente prosentativo dei confini spaziali e temporali in cui abbiamo vissuto e viviamo la nostra esperienza al "Frullone" e fuori. La limitata scelta delle immagini e' un'oggettiva risultante.
      Sono immagini interne all'O.P., esemplificative ma reali; sfuggono a qualsiasi ipotesi di suggestione o ambivalenza. Chi le osserva potrebbe considerarle come un referente o denotatum dichiarativo dell'oggetto, implicando una nostra volonta' pre-visualizzata in senso dimissionario nei confronti delle ragioni mentali del "malato" non rendendosi sostanzialmente conto che cio' scaturisce da una precisa scelta volta a sottolineare l'entificazione e la problematizzazione dell'esistenza separata, chiusa nel circuito delle istituzioni totali. Dare l'interno per noi ha significato dare oggettivamente una dimensione di lavoro: aprire immediatamente innumerevoli interrogazioni e dichiarare gia' un'esplicita tendenza col collegarsi all'esterno, presentandolo come il territorio mentale su cui trascrivere la testimonianza diretta della violenza. L'esterno cosi' diviene il paradigma vivente, sviluppo ed essenza della condizione esistenziale. Conoscerne la logica, individuarne i processi nella processualita' della mente corrisponde ad un impegno e ad una coscientizzazione del rapporto interno-esterno.
      Cioe', il rapporto stabilito col territorio non vuole presentare i confini entro cui vive il malato ma analizza le cause del confine esistenziale per consumarle e annullarle nella coscienza del singolo. Partire cioe' da esse per un'analisi complessiva della emarginazione e sottolineare il lungo cammino per una completa liberalizzazione da codificazioni strutturate nella nostra mente.
      Cio' gia' dichiara le infinite connessure interne al problema; gia' ne ammette i percorsi, gia' ne definisce i confini. Da qui il confronto coi dati della realta' che, implicando un arco di valori spazio-temporali, impongono e pongono una problematica evidenziazione, intesa come necessita' ritualizzata, per snudare e vivere l'"altro del vissuto". Cio' pone centralmente il problema sociale come connotato di misura dell'operazione estetica, col collocare l'operatore al punto d'intersezione tra specificita' e domanda sociaLe. Cioe', in una fascia vacante che pone di fatto l'operatore criticamente aperto sul tessuto sociale, per facilitare la riappropriazione dei confini esistenziali espropriati e per dare spessore e incidenza ai bisogni culturali e umani dell'individuo e della collettivita', entrare contraddittoriamente in essi e chiarirne confini e situazioni. Cio' chiaramente criticizza la nostra identita' e sviluppa il senso della liberta' sociale, rendendo sempre piu' distanziato lo scarto tra creativita' e mercificazione. L'opera d'arte e la ricerca estetica ritorna cosi' ad una committenza libera, in quanto critica e in quanto non legata al mercato; cioe' ritorna a postulati critici che tendono a. privilegiare e a interpretare, non singoli bisogni, ma necessita' esigenze determinanti esistenziali per un modello progettuale d'intervento che diriga le virtuali incidenze alternative che agiscono nel profondo della coscienza della collettivita' per una modifica strutturale sia dell'ambiente fisico che, e, principalmente, dell'ambiente mentale.

A / Social Group





ESTETICITA' Ferdinando Bologna Il Mattino 27 agosto 1976
 

"Anche nel padiglione italiano, tuttavia, sono le operazioni meno compromesse con l'esteticita' pura quelle che riescono piu' positive ed incidenti...
...Crispolti ha fatto conoscere l'attivita' dell'"A social group" di Napoli, (Gerardo di Fiore, Aulo e Gerardo Pedicini, Carmine Rezzuti, Errico Ruotolo), che, con la sua "esperienza" nell'ospedale psichiatrico "Frullone"," ha offerto una incisiva testimonianza delle nuove possibilita' di indagine e di presa di coscienza di talune dolenti realta' attuali di casa nostra, al di fuori delle pretestuosita' intellettualistiche e formali di tante operazioni estetiche che oggi si accampano come unico strumento valido di contestazione.
Evidentemente, le vie attraverso le quali la nuova coscienza critica si sforza di dare connotazione convincente al discorso artistico culturale di cui abbiamo bisogno, si fanno piu' nette quando scansano gli impatti formalistici o esteriormente sperimentali..."





B76    La Biennale di Venezia - Settore arti visive e architettura

AMBIENTE COME SOCIALE - Documentazione aperta


Libero intervento/azione dell'A / Social Group Napoli a piazza S. Marco. 18 luglio, h 10.00

L'intervento in piazza S. Marco sottolinea l'irreversibilita' del processo culturale che si e' determinato in questi ultimi anni in italia, e altrove.
L'operatore culturale, anche visivo, spinto dalla mobilita' sociale, per riappropriarsi dei confini esistenziali stritolati dai meccanismi delle societa' consumistica, abbandonando i modi propri - storicamente dati - di far cultura, ha riscoperto nel contesto territoriale, quindi nel sociale emergente, un diverso orizzonte problematico, un modo e una forma diversa di produrre cultura.
La nostra esperienza in un Ospedale Psichiatrico costituisce uno di questi momenti, oltre che una prova. Un momento cioe' dialetticamente aperto, consapevolmente rischioso ma continuamente avvertito sui pericoli di una strumentalizzazione del tessuto territoriale, le cui finalita' ineriscono ad una realta' data: innescare cioe' processi di riappropriazione individuali e collettivi per ricomporre - necessariamente - fragmentazioni e stratificazioni culturali codificate e innescare modalita' nuove di comunicazione interpersonale libera.
Col nostro lavoro a piazza S. Marco, quindi, intendiamo evidenziare la funzione e il ruolo che l'operatore visivo deve avere nell'immediato futuro.
Egli, infatti, abbandonando le perfettibilita' rarefatte dell'estetica, ponendosi come sollecitatore e co-operatore di base, partecipa direttamente alla crescita complessiva riqualificando se stesso col modificare tutte le situazioni che condizionano e negano le possibilita' creative singole e collettive.

A / Social Group Napoli

Venezia 18 luglio 1976


       
       
       
       
       
       
       
       
       
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Ospedale Psichiatrico Frullone di Napoli
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"c'e' assenza di limite perche', noi, siamo come il silenzio o come le parole, al limite, senza fine"
     



     
"diventare cosi' desolatamente altri"
     





Testo poetico di un paziente dell'Ospedale psichiatrico Frullone di Napoli recitato da
Edmonda Aldini nella trasmissione televisiva "La Biennale rosa" Venezia 1976

La pennuta astrale del volatile si chiama seicentoventitre non e' la matricola penitenziaria sono i chilometri a sua vista esattamente seicentoventitre km e' il suo amore sempre giovane e che non invecchia mai e non puo' invecchiare mai tutta terriccia grezza e mineraria con le sue ali d'oro sorvola lo spazio intervalli e soste lo fanno notare il terreno si trova ai confini non vi e' una pennuta perche' avrebbe dovuto trovare altre acque la dovra' trovare la deve trovare perche' le leggi della natura sono precisissime ne fara' altre seicentoventitre e altre e altre e altre e quando l'avra' trovata ci dovra' essere per obbligo acqua e viveri anche perche' non puo' senza acqua e senza viveri vivere e tanti fili per tessere il suo nido con una naturale pennuta.


     
       
      Biennale di Venezia 1982

Artventure
 

Qui si mostrano alcune delle nuove artventure di ricondurre l'arte all'esperienza del dipingere e a quella non meno necessaria dell'esperienza di vedere la pittura, l'una dentro l'altra.
La condizione odierna dell'artista ha tutta la duplicita' e l'ambiguita' di colui che dipinge il proprio mentre osserva l'altrui, di colui che vede l'identico mentre produce il diverso, e viceversa. Il suo proprio universo non puo' non originare da questo incrocio drogato di creatore e osservatore.
La condizione odierna della pittura e' d'essere comunicata e recepita come una forma stabile dell'espressione, in cui potere veicolare tutte le possibili forme del linguaggio, anche le piu' avanzate, al solo patto, questo si' sociale, di essere corrisposta dal pubblico degli spettatori con funzione di arte.
Come la luce, la forma pittura non s'identifica con il proprio messaggio, che puo' essere altro e disomogeneo. Non c'e' tanto un ritorno degli artisti alla pittura, quanto piuttosto un ritorno del corpo sociale degli spettatori alle funzioni e alla natura dell'arte, un ritorno cui la pittura corrisponde in quanto arte dichiarata come tale e retta dalle leggi del tempo.
La forma pittura e' la sola avanguardia che non deve dichiararsi tale, ne' farsi riconoscere come arte, ne' spostarsi nel tempo se non per seguirne, di nascita in morte, il decorso fenomenico. Alcuni pittori d'oggi, ad esempio, continuano la "concept art".
Una faglia si e' aperta nel meteorite dell'arte, la cui storia e preistoria hanno generato tutte le figure possibili, e i linguaggi, e le forme, e continuano cio' nonostante a produrre e la figura e il linguaggio e il fantasma: e' la forma pittura.
Su di essa legifera il tempo. L'ossessione degli spazi che fu degli anni Sessanta si e' espansa in una nube di frammenti; poco importa di quanti e quali spazi possano ancora disporre gli artisti; l'occupabile e' stato occupato, e' il corpo sociale, e' la comunicazione di massa. L'ossessione delle gesta che segui' negli anni Settanta ha reso piu' agili gli artisti che sui miti personali e sui propri corpi hanno esercitato la distanza dell'osservatore, l'esaltante alienazione di chi si doppia per farsi uno. Ora siamo un pa preoccupati da questioni epocali. Che epoca e'questa, se il foglio del modernismo e' stato consumato per intero, e la transavanguardia fa orecchietta al foglio ?
A differenza degli storici, l'arte sta rispondendo a questa ossessione della faglia epocale che si e' distaccata dalla modernita' in modo curioso: ossia, dotando alcuni singoli artisti e loro opere di un tempo proprio, autonomamente creato e abitato. Tale esperienza personale di tutte le possibili avventure dell'arte che implodono in un'opera per formarIa al modo di una citta' temporale, io la chiamo artventura. Ha pero' nomi propri.
Molti artisti, lo si e' visto da tempo, sono ricorsi all'esercizio umanistico della citazione da opere del passato; forse per stabilire le colonne d'ercole di periodizzazioni totalizzanti, quali ad esempio la recente dizione di post-moderno. Altri si sono invece avventurati verso le nuove Indie del tempo. Sono un numero crescente di artisti che praticano il piacere della forma pittura nella trasferenza di altre epoche e stili. Altri, ancora, evitando la citazione e il transfert iconografico, si muovono oltre i tempi colti della citta' verso altre culture o subculture. Sono i nuovi creatori di tempi.

  Tommaso Trini      




Il tetto che scotta Notte buia Nel buio dipinto di buio Eruzione
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Indovina chi viene a cena - sul tetto Miraggio Indovina chi viene a cena - sul tetto Miraggio
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